Portare un libro con sé. Sceglierlo con cura, tra quelli che sto leggendo, riporlo nella borsa, chiudere la porta di casa e andare via.
Piove a Roma; è mattina presto, il cielo dell'alba è di un intenso colore nero/blu venato di grigio e le strade bagnate da un'acquazzone di Aprile. E' Sabato Santo e io mi sto recando a Napoli per salutare San Gennaro, il mio santo popolare e magico a cui affido le mie preghiere e le mie speranze.
Roma è bella osservata nel tragitto attraverso il quale mi reco alla stazione Termini. Ora la pioggia si è fatta meno intensa e i miei piedi percorrono svelti il marciapiede lastricato. Via Merulana, ancora buia popolata solamente dai fornai e dai baristi che cominciano ad alzare le saracinesche delle botteghe; laggiù in fondo si intravede Santa Maria Maggiore, imponente, regale, maestosa, illuminata dal chiarore di una luce sfumata e soffusa che proviene da angoli minuscoli di cielo che, un po', sono liberati dalle nubi. Sono in anticipo, perché, come mio solito, sono uscita molto presto di casa: proprio per camminare e percorrere il tratto fino alla stazione a piedi e poi per la mia sottesa ansia - riconosciuta parte di me solamente attraverso un lungo percorso di psicoterapia - che mi spinge ad arrivare sempre in anticipo agli appuntamenti. Così, questo mio incontro di oggi con il treno per Napoli, è divenuto occasione per passeggiare e guardare una Roma silenziosa, che quasi mai ho il piacere di godermi.
La stazione è animata: mi dico che sono tutti in partenza e fantastico su ognuna della persone che transitano accanto a me; ci sono molti turisti stranieri che si sono venuti a godere il Bel Paese in primavera e tante famiglie o persone sole, che immagino ritornare a casa. Mi fermo ad osservare un uomo con il suo cagnolino e immagino si facciano volentieri compagnia.
I miei pensieri ora vanno al mio viaggio, al percorso che mi porterà alla città di San Gennaro. Il treno arriva di gran lunga in anticipo al binario e io mi avvio con un passo svelto, desiderosa di accomodarmi presto al mio posto. E così è. Fuori ancora piove: sento lo scrosciare della pioggia e mi rendo conto che si è infittita; dentro la stazione vedo gli ombrelli sgocciolare sul pavimento e la gente intorno a me vestita con maglioni di lana e cappotti...sembra essere tornati in inverno. Questi sono gli scherzi che spesso Pasqua ci fa!
Salgo sul treno. Mi accomodo, tolgo il cappotto e con un sospiro emanante serenità continuo a guardare fuori dal finestrino, finché i miei occhi si stancano e il mio cuore ha bisogno di altro. Nella borsa il mio libro. Lo apro lì dove indicato dal segnalibro e scorro le pagine bianche e quei tratti neri che le popolano. Sono pronta a lasciare Roma e a immergermi in un'altra realtà.
Mi farà compagnia fino a destinazione. Così intorno tutto si fa vago, una nebbia sempre più fitta si impossessa della carrozza del treno nella quale sono seduta; sento un profumo lontano di terra bagnata, trovo finalmente il sole che fa capolino, un cagnolino scodinzolante mi guarda con allegria; il vociare dei bambini si interrompe di colpo per lasciare il posto al suoni di una sirena; un quaderno bagnato ha le pagine ingiallite e una signora si adopera per adagiare comodamente la sua valigia sullo scaffale del treno. C'è un'armonia, un equilibrio leggero, il suono delle corde di una chitarra, un viaggio in un'epoca lontana, la luce che incontra il buio, la bellezza della natura che si integra con la dolcezza umana; la vitalità che gioca con l'amore e i mille destini degli uomini che si incrociano e si uniscono.la gioia e la tristezza che sono pieghe di un medesimo destino e la vita che va, va su un battello che porta a un'altra sponda, una riva nuova su cui ormeggiare e fondare una nuova città; gli approdi sono tanti: sai tu quale scegliere;
Napoli centrale. Fine del viaggio.
Ripongo con cura il libro nella borsa. Mi avvicino all'uscita.
Ha inizio un'altra storia.