Domenica mattina, in libreria, mi ha investito l'odore inconfondibile dei libri nuovi. E tutto il silenzio dentro me, il caos della strada in un giorno di festa, l'inquietudine e il disagio che spesso mi assalgono, vengono meno, rinchiusi in un angolo nascosto, buio, fuori di me, nell'esatto momento in cui quell'odore di carta stampata penetra attraverso le mie narici e invade tutta me.
Fin da piccola mi sono rifugiata nei libri. Ho pensato, per molto tempo, che fosse una diretta conseguenza del fatto che amavo, già alle scuole elementari, scrivere.
Tuttavia, negli ultimi anni, è prevalsa in me la tendenza a credere che questa mia appassionata inclinazione per la lettura fosse una eredità familiare acquisita per via matrilineare attraverso il talento di una famiglia di donne narratrici, tra le quali si sono distinte mia madre e mia nonna.Ricordo i primi libri, regali di mio papà: la storia d'amore e di guerra di un soldatino di legno di nome Cappietto o le favole illustrate di Christian Andersen. Ho tanto amato quei libri: li leggevo e quando li terminavo ricominciavo, sempre assorta nella lettura, quasi cercassi in quelle parole qualcosa di diverso e nuovo. E forse è stato proprio questo il segreto della mia passione per la lettura: l'intima consapevolezza che quelle parole immobili sui fogli contenessero segreti inconfessabili e antichi, che avevano il dono di rinnovare, in ogni preciso istante di nuova lettura, la loro essenza, regalandomi un inaspettato significato e insolito punto di vista.
Ricordo, poi, i pomeriggi trascorsi con mia nonna, a raccontarci, nelle pause dello studio scolastico. E le sue storie, ambientate nel suo paese di origine, quelle delle sue sorelle e dei suoi fratelli, o dei suoi conoscenti. Io rimanevo assorta difronte a quelle narrazioni così piene di avventure, peripezie, lieto fine o finali a sorpresa. Mia nonna mi ammaliava con quel suo cantilenare dalla voce melodiosa, che con autenticità popolare mischiava la lingua italiana al dialetto antico, raccontandomi storie di personaggi eccentrici e affascinanti, che lei arricchiva con descrizioni dettagliate di aspetti fisici e caratteriali. La cosa, poi, che mi incantava era il fatto che, in quelle storie, c'era sempre un insegnamento: e così, da quelle vite ed epoche così lontane mia nonna mi donava un messaggio vivo e adeguato per me, bambina degli anni Ottanta, che godevo di quelle sue squisite storie, che sostavano a metà strada tra fantasia e realtà. Ancora oggi, le rare volte che mi capita di andare al paesino natale dei miei nonni, ripenso a quei personaggi e mi chiedo se tutti quei volti e quelle persone siano veramente esistiti o se lei, da autentica cantastorie di famiglia, al suo mondo inconscio popolato di maghe, incantesimi e antenati bizzarri fosse riuscita a dare una vita quotidiana reale fatta di passato e presente, di carne, sangue e passioni terrene.
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