Camminavo per Viale Giotto.
Una mattinata umida di Settembre. Roma si era vestita con i suoi abiti di popolana, anziana signora seduta comodamente ad ascoltare i suoni della strada e il tramestio delle sue case popolari fatte di pietre rosse, e con lo sguardo proteso verso la Piramide di Caio Cestio.
Mi piace passeggiare lì perché mi sembra che nel cuore di Roma viva il popolo con quella sua spontaneità nutrita di creativa sopravvivenza e quel senso di vivere alla giornata, che tanto sa di un passato ormai concluso e di una umanità che così non sa esistere più.
Ripenso alla mia famiglia di origine, alla saggezza dei miei nonni, a cui la strada fu maestra e a mia madre che di quell'apprendimento intuitivo ne fece la guida della sua vita.
Quando ero bambina mia madre mi insegnava i proverbi napoletani. Spesso accadeva in ascensore, ovvero quando rientravamo a casa per la pausa pranzo dal lavoro del negozio. Ricordo che li gettava lì, in campo, e a me si aprivano finestre su universi immaginati reali e fantasiosi, che evocavano quelle parole scandite in un dialetto melodico e sibillino. A esso seguiva la traduzione in lingua italiana, fatta da mia mamma stessa; ma fino ai miei 4 anni circa, perché poi non ce ne fu più bisogno, perché lei sapeva bene che quel dialetto era diventata per me un'altra lingua, che io oramai riuscivo bene a tradurre ma che assolutamente mi rifiutavo di pronunciare (ma questa è un'altra storia, di cui parlerò più in là).
Trasi 'e sicco e se mette 'e chiatto racchiude la descrizione di piccoli meccanismi chiave della vita vissuta. In italiano significa letteralmente "ti proponi con un apparente garbo, che in realtà rivela un'intenzione di prepotenza". Mi madre lo usava molto, perché è un proverbio che fa leva su un buon senso di relazione, che lei esperiva quotidianamente nel suo negozio, che era spazio di confronto sociale. Questo era l'apprendimento intuitivo di mia madre, che si nutriva di scintille di lungimiranza e di acuta intelligenza.
C'è una misteriosa elezione che io ho per questo suono dialettale, in quanto era usato correntemente nel nostro privato familiare, in particolare dai miei nonni, che riproponevano una speciale interpretazione. Tutto questo ha creato un mondo di conforto magico a tutta la mia infanzia.
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