Il mare oggi è agitato e i suoi spruzzi, cinti di oro dal sole, bagnano l'aria. Il vento solleva granelli di sabbia, che colorano la vista donando al paesaggio un chiarore di paese arabo.
Proprio ieri ho visto il film di Mario Martone, Nostalgia, e qui Napoli, vera protagonista della pellicola, vestita del suo abito popolare e crudele del Rione Sanità, mi conferma il suo dicotomico confine, perché essa è l'emblema della convivenza degli opposti, quale territorio retto da leggi che il popolo stesso adotta, protetto dal suo vulcano spettatore minaccioso e silente del dramma messo in scena quotidianamente tra i suoi vicoli, bagnato da un mare popolato da sirene voluttuose, che parla di magia ed estrema rudezza e che mi costringe sempre a confrontare la matrice di un popolo caldo in contrasto con l'equilibrio del buon vivere.
Nostalgia è un termine che viene dal greco e dentro di sé reca i concetti del ritorno a casa e del dolore.
Mi chiedo, ogni volta che torno a Napoli, così da me apprezzata e allo stesso tempo allarmata di subire il suo tentacolare e pericoloso fascino, quanto uno struggimento di
nostalgia mi pervada quando la percorro entrando nelle sue parti più dolci e avvolgenti, e rimanga sopito dentro me fino al momento in cui vi ritorno per amarla ancora diversamente.
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