La mattina, dopo la passeggiata con il mio cane, mi piace recarmi al mercato, che a quell'ora sta ancora aprendo.
Attraverso l'entrata principale, da cui partono - lungo di due lati - una fila di banchi l'uno accanto all'altro, ha inizio un percorso sensoriale che mi accompagna fino all'uscita. Che, poi, di quel mercato io percorro solo la prima metà dell'area, quasi a ripetere meccanicamente un'abitudine di volti e sguardi che rassicurano le mie mattine. Il rosso sangue dei chicchi del melograno, le arance con il loro odore di inverno, i vivacissimi colori lucidi dei peperoni, i carciofi già puliti che sembrano già sprigionare il loro sapore accattivante, quando li friggiamo in padella. E poi il pesce di varie dimensioni e colori ravvivato da ghiaccio intorno e alghe verdi brillanti di mare; il macellaio, a quell'ora di mattina, affila i suoi coltelli.
E' la vita del popolo, che a quell'ora del mattino va più lento, quasi a voler continuare ancora quella rilassatezza della sveglia mattutina, che costringe a stirare il corpo prima di dare inizio alla giornata.
Un vassoio con i caffè. Lo guardo arrivare da lontano. E' il barista che corre tra un banco e l'altro, a portare energia ai mattinieri. Rivedo mio nonno, con la sua macchina da caffè napoletana. Il mio risveglio ha ancora quella nostalgia: la ritualità del profumo di caffè fatto in casa; poi versato in una bottiglia di vetro pronto a essere consumato nella grata intimità familiare.
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