Ogni lunedì, nel laboratorio di ceramica di Marina, suoniamo.
Tre donne e un maestro.
Il laboratorio di Marina, a cui si accede attraverso una stretta porta di legno bianco, illuminata direttamente dalla luce che proviene dal Foro di Augusto, è popolato da incredibili e fantastiche figure marine. Le sue creazioni, di cui sono contornati il soffitto e le pareti, sembrano popolare uno spazio liquido fatto di personaggi plastici che abitano il fondo degli abissi.
Le mani scivolano lungo la pelle dei tamburi, in un percorso tattile che dalle falangi scende fino ai piedi, passa attraverso il cuore e arriva fino alla testa.
Prende vita, così, una pulsazione personale e recondita.
Suoniamo ritmi africani transitati per Cuba e lì depositatisi lungo il solco di una tradizione religiosa e profana.
Ogni lunedì pomeriggio mi cerco attraverso il tamburo, rinnovando, di volta in volta, la mia essenza più vera, per trasmetterla a un mondo - che oggi so essere il mio - fatto di suoni, vibrazioni, colori, note, parole e
movimento.
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