L’apprendimento è un processo attraverso il quale vengono acquisite nuove
conoscenze, abilità e competenze e su cui influiscono diversi aspetti: strategie
cognitive personali, esperienze individuali, informazioni e stimoli provenienti dalla realtà esterna
Ogni apprendimento, dunque, ci costringe a mettere in gioco conoscenze e assetti mentali onde poter assimilare nuovo sapere, accettando il pericolo in cui le competenze precedenti non servono più e quelle nuove non sono ancora acquisite.
Il focus sull'apprendimento come processo dinamico mi rimanda simbolicamente al tema del viaggio, che nasconde il senso
dell’avventura, della ricerca dello sconosciuto, del nuovo e del temuto. Il cammino che si
compie alla ricerca della propria identità, infatti, è un vero viaggio, durante il quale si fanno
incontri, si instaurano relazioni, si raccoglie, si guarda, ci si stupisce e si fanno esperienze
nuove, ma soprattutto è un viaggio nel quale, la cosa che più conta, non è tanto l’arrivare,
ma l’andare. Ricorda il viaggio dell'eroe omerico Odisseo.
L’esperienza del viaggio è presente nella storia dell’umanità fin dai tempi più antichi. La persona che si mette in viaggio è coinvolta nella sua interezza, perché si tratta di un’esperienza che si compie “per
immersione”, in un’interazione dinamica tra ragione e passioni. La categoria del viaggio ha una sua forza euristica trasversale
alle diverse prospettive pedagogiche, perché il collegamento
con l’immagine del corso della vita, viaggio della vita, o pellegrinaggio terreno che dir si voglia è diretta e immediata. Il fatto che il viaggiatore incontri lungo il
cammino figure adiuvanti e ostacolanti e che debba imparare a discernere le une dalle altre e capire di chi possa fidarsi rappresenta un elemento di passaggio dalla condizione
di affidamento totale alle figure educative alla capacità di
scegliersi i maestri, che caratterizza le trasformazioni di età
adulta. Il ritorno dell’eroe vittorioso simboleggia l’assunzione dei compiti propri dell’età adulta ed il riconoscimento
sociale che ne consegue. La seconda delle strutture tipiche
del viaggio è quella del pellegrinaggio/trasformazione, la cui
versione più antica e paradigmatica dal nostro punto di vista
è quella dell’Odissea, in cui «l’Odisseo omerico è dunque un
adulto (…) che affronta la propria trasformazione attraverso
una serie di prove e di tentazioni, intessute di colpa e di dolore, dense di lutto, di ansia e di impotenza» . L’accortezza,
il giudizio prudente dell’adulto che affronta le prove della
vita e ne esce trasformato, facendo tesoro delle esperienze
che ha potuto vivere e facendo i conti con i propri errori e le
proprie colpe, rappresentano gli ingredienti psico-pedagogici del viaggio di avventura e ne fanno una figura differente
dalla precedente.
L’apprendimento si basa solo sulla comunicazione di
concetti intellettuali?
«Dovrebbe esserci un posto in cui l’intera persona possa
imparare, dove idee e sentimenti siano fusi tra loro. Ho
dedicato molte energie a questo problema di far
coincidere l’apprendimento cognitivo con
l’apprendimento affettivo ed esperienziale, che
nell’educazione odierna è così svalutato».
Questa è la posizione di Carl Rogers (Chicago 1902- San
Diego 1987), psicologo statunitense la cui opera
professionale è stata orientata da una concezione di
vita «centrata sulla persona».
E’ piuttosto frequente imbattersi in relazioni di
insegnamento/apprendimento in cui gli aspetti affettivi
ed esperienziali dei partecipanti restano
completamente esclusi.
Allora quello a cui si assiste è un gioco di ruoli:
troviamo un docente e un discente . Non abbiamo «persone» in scena,
abbiamo solo «ruoli», professori, studenti, educatori,
ragazzi problematici.
La proposta di Carl Rogers, invece, si propone come
inclusiva e rivolta alla «persona intera».
Rogers propone luoghi di apprendimento aperto, che
peraltro sono gli unici che ottengono qualche risultato
quando la relazione non è solo educativa ma si
struttura anche come relazione di aiuto.
«Gli studenti imparano in un ambiente aperto.
Sperimentano l’eccitazione e l’importanza della
scoperta, le loro capacità, i loro limiti, l’autodisciplina
e la responsabilità».
Solo l’apprendimento che parte dalla persona nella sua
totalità e la coinvolge continuamente può raggiungere
risultati significativi (o anche solo qualche risultato) in
una relazione di aiuto. Quando la totalità della persona è coinvolta,
nell’apprendimento si integrano elementi cognitivi
(l’intelletto è coinvolto appieno e lavora a gran
velocità), ma anche «elementi sentimentali», come la
curiosità, la passione, l’eccitazione per la scoperta. «L’educazione è qualcosa che devo fare prima di
essere finalmente lasciato in pace per fare qualcosa
che voglio fare». Rogers identifica gli atteggiamenti che
contraddistinguono l’insegnante e l’educatore
orientato a coinvolgere e a coinvolgersi totalmente.
Il primo è l’autenticità: l’educatore agisce come
persona autentica, mostrandosi per quello che è, senza
barriere o facciate confezionate ad hoc.
In questo modo egli dimostra di saper gestire i suoi
sentimenti, di riconoscerli, di permettere loro di
manifestarsi senza perdere il suo equilibrio interiore.
L’incontro con l’altro nella relazione educativa o di
aiuto diventa così «diretto e personale» e riesce ad
intercettare le individualità di chi è coinvolto.
L’educatore è autentico quando non occulta se stesso,
quando non si nasconde.